Il benessere interno è dato non solo dal comfort termico ed acustico ma anche dal confort visivo, lo stato in cui una persona può svolgere nel miglior modo possibile i diversi compiti all’interno di un’abitazione.
L’illuminazione all’interno di un ambiente, artificiale o naturale, è la principale responsabile del comfort visivo, se inadeguata, è causa di malessere generale e stanchezza degli occhi.
L’illuminazione, al contrario dona sicurezza, consente lo svolgimento della prestazione in condizioni ottimali e garantisce un ambiente confortevole.
Quindi è opportuno, sin dalla fase progettuale, definire collocazione, orientamento e dimensione dell’edificio; ubicazione delle finestre e previsione di eventuali schermature.
La luce migliore è quella naturale perché giova al benessere psicofisico delle persone ed è gratuita. Infatti è una risorsa importante per la realizzazione di fabbricati energicamente sostenibili e qualitativamente confortevoli. Un’adeguata illuminazione naturale diurna ed un integrazione ottimale di luce artificiale contribuiscono in maniera significativa al risparmio energetico.
Nel contempo però, avere la disponibilità di luce naturale può aumentare il fabbisogno energetico in fase di climatizzazione. Bisogna quindi prevedere anche adeguati sistemi di ombreggiamento.
La norma di riferimento in materia di illuminazione è la UNI 10380 che descrive i valori medi di illuminazione.
Si considerano il piano di riferimento dell’ambiente considerato e se vi è corrispondenza con un tavolo o scrivania nelle zone di transito quali ingressi, disimpegni o corridoi.
Il rapporto tra l’illuminamento minimo e quello medio in un ambiente non deve essere inferiore a 0,8; il valore medio in un ambiente non deve essere inferiore ad un terzo del valore medio in corrispondenza del compito visivo nello stesso ambiente; inoltre, per gli ambienti adiacenti il rapporto tra il valore medio dell’ambiente più illuminato e quello dell’ambiente meno illuminato non deve essere superiore a 5; invece, l’uniformità di illuminazione in uno stesso ambiente si ottiene con un rapporto tra l’illuminamento minimo e quello massimo non particolarmente basso, generalmente superiore a 0,15.
Per ottimizzare la qualità dell’illuminazione, viene valutato anche l’indice di abbagliamento (GI), contrasto tra superfici con differenti luminosità, in quale all’interno di ambienti residenziali è preferibile che non superi il valore di 20.
Per quanto concerne la dimensione delle finestre, dovrebbe corrispondere al 10-12% di quella del pavimento.
La normativa nazionale stabilisce che la luce diurna non sia inferiore al 2% e la superficie apribile non inferiore a 1/8 della superficie calpestatile per assicurare luce e ricambio d’aria all’interno dei locali.
Il comfort visivo dipende non solo dal livello dell’illuminamento interno, ma include anche il rapporto visivo che si ha tra l’interno verso l’esterno. Pertanto le finestre non solo devono procurare la luce necessaria per svolgere un’attività, ma anche consentire la vista dell’esterno.
Il fattore più indicativo del livello di illuminazione naturale di un ambiente interno è il fattore di luce diurna (DF): esso esprime il rapporto fra l’illuminamento in un punto all’interno dell’edificio e quello che si avrebbe in assenza dell’edificio stesso. Esso ci dimostra se le scelte progettuali siano state più o meno corrette per lo sfruttamento della luce naturale.
Su almeno metà della superficie, per saloni e stanze dove si svolgono attività continue il DF deve essere superiore a 1%, per stanze da letto 0,5%, per cucine 2%.