Quando un ente pubblico è condomino e si rende moroso come si deve agire?

Che cosa deve/può fare l’amministratore di condominio e di conseguenza l’assemblea, se un ente pubblico è condomino e si rende moroso?

È bene ricordare che per condomino deve intendersi il proprietario di un’unità immobiliare facente parte di un edificio in condominio o comunque di un complesso edilizio costituente condominio.

Al proprietario debbono essere assimilati i titolari di diritti reali minori di godimento, ossia l’usufruttuario, l’usuario e l’habitator (titolare del diritto di abitazione).

La situazione di morosità può crearsi sia per la noncuranza degli uffici preposti all’interno degli enti pubblici alla gestione del loro patrimonio immobiliare, sia in ragione di ritardi burocratici che mal si sposano con le tempistiche dei rapporti tra privati.

Esempio: il condominio Alfa deve fare eseguire opere di manutenzione straordinaria tutte legittimamente deliberate. Lo stato di ripartizione e le tranches di pagamento (o l’unica soluzione di pagamento, cosa anche questa possibile) sono state fissate, ma l’ente pubblico non paga alle scadenza stabilite.

Che cosa deve fare l’amministratore?

Partiamo dall’azione ingiuntiva: non v’è dubbio che per scongiurare proprie responsabilità nei confronti degli altri condòmini, specie in presenza di grosse somme, non possa non attivarsi con un formale sollecito (non obbligatorio) e soprattutto con un’azione giudiziale, ai più nota, come ricorso per decreto ingiuntivo di pagamento ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.

Poniamo il caso che il decreto – come dovrebbe generalmente essere – viene concesso provvisoriamente esecutivo. Supponiamo anche – per semplicità – che tale provvisoria esecutività permanga anche in costanza di opposizione o per assenza di essa.

È dall’ottenimento del decreto ingiuntivo che la situazione dell’ente pubblico si differenzia da quella di un qualunque condomino. Vediamo perché.

Ai sensi dell’art. 14, primo comma, del d.l. n. 669/96, convertito con modificazioni in legge 28 febbraio 1997, n. 30:

Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici completano le procedure per l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo.

Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto.

Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici, quindi: Ministeri, Regioni, Comuni, alcuni enti autonomi case popolari, ecc. Non l’Agenzia del demanio, ad esempio, che sono è un ente pubblico economico.

Detta diversamente: mentre ad un qualunque condomino si può notificare il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo unitamente all’atto di precetto e dopo dieci giorni dalla data di notifica (nel senso di data di ricezione) iniziare l’azione esecutiva, agli enti pubblici – come sopra individuati – si deve notificare solamente il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e attendere 120 giorni per il pagamento spontaneo.

Trascorso tale termine ed in mancanza di adempimento si potrà notificare il precetto e dà lì dovranno trascorrere dieci giorni di cui all’art. 480 c.p.c. prima di potere iniziare l’esecuzione.

Con un avvertenza: per gli enti specificamente indicati nella tabella A allagata alla legge n. 720 del 1984 (esempio Comuni, Regioni, ecc.) non è possibile eseguire il pignoramento presso terzi indirizzando l’atto “presso le sezioni di tesoreria dello Stato e presso le sezioni decentrate del bancoposta a pena di nullità” (art. 1-bis, quarto comma, l. n. 720/1984)del pignoramento medesimo.

Casi, quindi, che possono parte all’ottenimento della somma di denaro anche molti mesi dopo l’emissione dell’ingiunzione di pagamento.

In tal caso l’amministratore, ove sollecitato dal creditore avrà tutte le ragioni ad indicargli, se richiesto, il nome del condomino moroso, cioè dell’ente pubblico, unico destinatario, in prima istanza delle azioni dei creditore.

Questo, almeno, quanto disposto dall’art. 63, secondo comma, disp. att. c.c., ma com’è noto la giurisprudenza, considerando legittimo il pignoramento del conto corrente condominiale ha, di fatto, azzoppato la portata del principio.

Ed allora?

Allora il primo passo è sempre quello appena indicato, salvo l’ipotesi in cui l’assemblea, per evitare pregiudizi, specie per la fornitura di servizi, non decida di deliberare il versamento di una somma a titolo straordinario per far fronte al possibile disagio.

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